Ricordo con precisione il luogo e il momento in cui vidi per la prima volta il video Get Lucky dei Daft Punk.
Ero alla stazione di Domodossola, durante la canicolare ora di pranzo, perfetta controra, ove al bancone di un bar sport una bibita ghiacciata grande come un fonte battesimale vale piu’ di un miraggio o di un viatico.
Dal piccolo televisore Telefunken di quel baretto disgraziato e antidiluviano, il frusto motivo estivo andava a volume da lite condominiale.
Ero diretta verso la Svizzera, destinazione la quale, schiudeva in me un bocciolo di impronunciabili aspettative/novita’/favolosi divertimenti all’origine del mio cinema interiore.
Eppure.
Non parlero’ del periglioso soggiorno e del precipizio rovinoso in cui le mie fantasticherie si sarebbero disintegrate di li a poco, non parlero’ dell’inattesa piega degli eventi.
Non mi dilunghero’ sulle settimane successive ne’ su chi (o cosa) mi attendesse alla stazione, altrimenti-caro blog e caro lettore- arrossireste.
Ogni estate, un tormentone discotecaro e con pretese di nostalgismo evidenti si impone nel mio personale Ground Zero, impossessandosi di me.
Come faccio a liberarmi dalla pavloviana associazione Get Lucky-brutti ricordi, specie se quelle memorie sono l’evidenza del tuo personale deliquio? Chi mi proteggera’ da tutti i supermercati che in autunno trasmetteranno le facezie del fiacco duo francese procurandomi puntualmente una fitta allo stomaco? Come potro’ rendermi immune dal disdoro che ne conseguira’? Riusciro’ a correggere la commozione che questo creera’ in me?
Avrei eletto volentieri Step dei Vampire Weekend a mia personalissima hit da fine di una relazione (e\o fine estate?) Almeno non espone allo sgradevole effetto sorpresa di ritrovarsela in radio a tradimento. E invece no. Quella canzone cosi’ adatta, non mi evoca proprio nulla.
Lo stesso vale per I want you, Babies dei Pulp che abbiamo ascoltato centinaia di volte insieme. Dinosaur JR, Bowie, Baustelle, BRMC, Chet Baker, Gainsbourg, Smashing Pumpkins, Alt-j, O.Children, Muse.
E Springsteen, L. Cohen? Fatti nostri fino allo sfinimento. Wish you were here dei Pink Floyd? Solo mia e tua per sempre.
Tutto il mio spleen, (da quasi trentenne all’incomprensibile termine di una altrettanto incomprensibile relazione) deve proprio annidarsi nella pacchiana perversione di quel pezzo dance, Get Lucky, e di quel disco-epifanico, insano, isterico, paraculo dei Daft Punk.
Rifletto. Mi cospargo il capo di cenere, provo a formulare inferenze e a capire.
A cosa penso? A momenti mi provocavo un’ulcera per dare lustro a canzoni da lido (nobilitate nel ricordo) e soprattutto, a tristi storie d’amore prive di simmetria che- lettore mio, di cui ahinoi, hai gia’ esperito a tue spese- in quanto tali, non hanno alcun senso o alcuna ragion d’essere.